11/02/2011
Il 12 febbraio sono 31 anni che ci manca Vittorio Bachelet. Manca a tutti gli italiani, e in particolare a noi della parrocchia di San Melchiade nel quartiere del Labaro (Roma), dove lui veniva ad ascoltare la messa e dove i suoi figli si sono impegnati come educatori.
Ci manca il suo volto sorridente, la sua sobrietà, il suo senso dello Stato e il suo cristianesimo incarnato nella storia del mondo.
Ecco perché, quando suo figlio Giovanni, lesse durante le esequie del padre la famosa preghiera del perdono (cristiano) verso chi lo aveva ucciso, un vento improvviso di ethos civile risvegliò la coscienza ferita di un paese in crisi. Ma non sorprese noi di San Melchiade che lo avevamo conosciuto, e con lui la sua famiglia.
Dentro quella preghiera c'era la semplice vita di un uomo innamorato di Dio e degli uomini.
Grazie Vittorio, per il tuo esempio. E per il tuo martirio.
A noi non resta altro che continuare la tua "buona battaglia", con il "gomitolo dell'alleluja" in mano, verso un paradiso che è possibile provare a costruire, oggi, qui, sulla terra.
20/12/2010
Negli ultimi libri di Enzo Bianchi appaiono sempre personaggi e storie dal sapore di casa.  E negli ultimi tempi, "i tempi della vecchiaia", come scrive Bianchi alludendo ai suoi prossimi 70 anni, la parola si è fatta carne. La teologia ha lasciato il posto alla vita, la sottile erudizione dei testi biblici all'osservazione dell'uomo e delle sue stagioni. Così, in Ogni cosa alla sua stagione (Einaudi, 2010), il monaco piemontese ma "innamorato del mondo" accarezza i giorni degli aromi, accende i giorni del focolare, accudisce i giorni del presepe e rinvigorisce i giorni della memoria. È una sinfonia alla vita bella e al sorriso che solo la vera amicizia e fraternità sanno dare. Tornano alla mente di Bianchi figure dell'infanzia e giovinezza, così come si snodano incontri con contadini insoliti e donne che fanno il formaggio alla vecchia maniera. Il tutto è "inzuppato" con una lode al vino, una superba ricetta del Monferrato, odori di spezie e visioni di tavole apparecchiate da mani contadine.

Con questo stupendo ode alla vita, Enzo Bianchi ha scritto un libro sulla dolcezza e sulla nostalgia. E il continuo riferimento alla cella del monaco, come luogo dove nasce e si sviluppa la vocazione monastica, appare al lettore non come una lontananza ma come possibile via di amicizia tra cielo e terra. Un'amicizia che il pellegrino-viandante fratel Enzo osa ogni sera mettere in discussione. Solo, nella sua cella, con il suo Dio.

 

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