Carlo Carretto, il profeta di Spello

Due aprile 1910, cent'anni fa. In una famiglia piemontese dedita al lavoro e alla famiglia nasce Carlo Carretto. Un testimone appassionato, Carretto, e qualche volta scomodo, del cattolicesimo italiano del secolo passato. Un profeta che trasforma un pezzetto di terra umbra, Spello, in una fornace di nuovo umanesimo e cristianesimo, un ponte di dialogo con un mondo che chiede pace, libertà, tolleranza e incontri tra le fedi. Il racconto ripercorre la sua vita: dal convegno romano dei trecentomila baschi verdi della Giac negli anni dell'immediato dopoguerra alla partenza per il deserto del Sahara con i Piccoli fratelli di Gesù, dalla nascita della fraternità di Spello alle prese di posizioni più difficili e profetiche, come quelle sul referendum abrogativo del divorzio fino alla Lettera a Pietro. I ricordi di chi lo ha conosciuto, insieme a una lettura della sua corrispondenza privata, ci restituiscono un Carlo Carretto insolito e immerso in un amore sconfinato per sua Chiesa. Gian Carlo Sibilia, priore della Comunità Jesus Caritas di Sassovivo, amico e fedele collaboratore di fratel Carlo, insieme a fratel Arturo Paoli e tanta gente semplice, ricordano Carretto sia da presidente della Giac che da semplice monaco in terra di Africa. I primi ritiri spirituali, le nottate a guardare le stelle pregando, la lettura comunitaria della Bibbia, l'ascolto della Parola, della lectio divina non più appannaggio dei soli presbiteri, l'attesa del Concilio Vaticano II, una chiesa che dialogava con il mondo, c'è tutto questo nel Carretto descritto nel libro. E un amore sconfinato verso la "sua" Chiesa, che non ha mai cessato di amare anche quando le sue posizioni apparivano "fuori moda" per i tempi di allora.

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